Storia della “Festa del raccolto”, intervista a Don Vito Campanelli

 Storia della “Festa del raccolto”, intervista a Don Vito Campanelli

La città di Noicàttaro si prepara nella prima domenica di ottobre a celebrare la “Festa del Raccolto”. Una manifestazione culturale organizzata dal Circolo anspi della Parrocchia Santa Maria della Pace allo scopo di animare il centro storico di Noicàttaro e sensibilizzare il territorio sulle tematiche della Pace e sullo sviluppo economico ed agroalimentare che sostiene la nostra comunità locale. A parlarci di questa festa è don Vito Campanelli, parroco della Chiesa Matrice e presidente del Circolo Oratorio anspi, che ha gentilmente offerto la sua disponibilità a prendere parte a questa intervista. 

 

A quanto risale questa festa e dove affonda le sue radici?

“Questa festa nasce nell’anno 2017 in occasione del centenario della Madonna del Rito. Affonda le sue radici nel lontano 1917, e si rifà ad una profezia che nel pieno della guerra, fu consegnata ad una popolana del paese di nome Maria Ungaro, una lavandaia del territorio nojano, una donna povera e disperata per le condizioni della sua famiglia e del figlio minorenne bisognoso di cure e di assistenza. La Vergine Maria le assicurava che ci sarebbe stata la pace e che per la città di Noicàttaro sarebbe anche giunta l’abbondanza, ma bisognava pregare e pregare molto. Nel 2017 si iniziò con questa profezia, raccontando della prima guerra mondiale, della sopraggiunta pace e del benessere economico conseguente all’invenzione dei tendoni di Uva da Tavola che hanno prodotto abbondanza e prosperità. Una promessa che si è realizzata ma che continua ad essere attuale ancora oggi. Il raccolto è proprio questa consegna ricevuta dalle generazioni che ci hanno preceduto con la loro fede ed operosità. Noi oggi raccogliamo quello che loro hanno con fatica seminato.

 

Quanto è importante questa festa per il territorio nojano? Ha contribuito in qualche modo allo sviluppo dell’economia?

“La speranza è che questa manifestazione assieme ad altri eventi possa aver contribuito, anche se in piccola parte, a diffondere la visione di un progresso e di uno sviluppo che definiamo sostenibile. Sappiamo bene che l’economia cittadina è basata sul commercio di uva da tavola, esportata in Italia e all’estero, ma lo sviluppo si coniuga con la pace solo se è sostenibile. La definizione di sostenibilità ci è data dalla commissione delle Nazioni Unite richiamando una visione di sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza però compromettere le capacità delle future generazioni di soddisfare i propri. La festa del Raccolto intende in un certo qual modo contribuire ad accrescere proprio questo tipo di sviluppo economico. Il raccolto và considerato come manifestazione del ringraziamento. La comunità facendo festa è chiamata a riconoscere nei frutti della terra e del lavoro dell’uomo un dono ricevuto. Un dono che in quanto tale non è dovuto e che perciò deve essere ricambiato alle future generazioni. Questo rende di fatto la festa del raccolto promotrice di economia sostenibile. La terra e i suoi frutti sono un dono da usare si per i propri bisogni ma senza che sia compromesso il futuro di chi verrà dopo.”

 

Appunto parlando di futuro com’è possibile inserire la fascia dei più giovani in questo progetto? Ci sono idee a riguardo? 

“Diciamo che il progetto della festa del Raccolto nasce proprio dalla volontà di guardare al futuro e quindi ha come riferimento proprio i giovani che vivranno questo futuro. L’idea progettuale è quella di non far sentire i giovani solo spettatori di riti che si ripetono per tradizione e che alla fine non si comprendono più! La volontà è proprio quella di affidare questa festa ai giovani. Ecco perché si pone in affiancamento alla festa religiosa tradizionale della Madonna del Rito. La sfida è quella di coinvolgere i giovani non semplicemente nell’organizzazione tecnica della festa, che richiede impegno e disponibilità, ma ancora di più nella proposta progettuale, ovvero nell’intento culturale che si vuole comunicare e trasmettere attraverso la festa. Il reale problema che intravedo è proprio questo: quanto i giovani vogliono impegnarsi in un discorso culturale e sociale che riguarda l’intera comunità? E quanto gli adulti sono disposti a far crescere i giovani in un autentico protagonismo? La festa del Raccolto è dunque uno strumento di animazione culturale del territorio, il fine è quello di voler contribuire ad una rinnovata visione di economia che possa soddisfare i bisogni dei più giovani rispetto ai loro percorsi lavorativi. Ad esempio la festa del raccolto ci porta ad avere uno sguardo più attento alla cosiddetta mano d’opera che è per la maggior parte giovanile ed in specie formata, per una gran fetta, da lavoratori stranieri e da tante donne. Le idee a riguardo si volgono proprio su questa direzione: ad un futuro di integrazione e di opportunità per i nostri giovani nojani, in specie per coloro che sono impegnati in percorsi di studi universitari, e che immaginano altrove il loro domani piuttosto che sul territorio che sembrerebbe non offrire alternative”.

 

 

Quindi questo risulta essere un problema?

“Ripeto il problema rimane soprattutto culturale. Di recente si sta parlando di progetti come uva-turismo, ritengo che questo progetto possa rappresentare una opportunità per il territorio solo se si è disposti a cambiare mentalità. Mi spiego meglio: per molto tempo ci si è preoccupati unicamente della maggiore produzione di uva pensando che la cultura fosse un accessorio ingombrante, detto volgarmente si è pensato che la cultura rappresentasse un ministero senza portafoglio. È arrivato finalmente il momento in cui si deve cambiare rotta. La via da percorrere con il progetto uva da tavola potrebbe essere proprio quella di collegare l’agricoltura ai percorsi culturali e la festa del Raccolto verrebbe a dare proprio tale provocazione. Ma come sappiamo la manifestazione in se stessa non servirebbe a nulla se restasse slegata da un percorso formativo da fare assieme, magari collegandosi con le scuole e con le diverse realtà associative.”

 

Quindi un percorso tutto da cominciare? Ci sono dei passi mossi già in questa direzione? Come sono state vissute le precedenti feste? C’è un ricordo che porta con sé? 

“Non voglio dire che si parte da zero, e che non si è fatto nulla in tale direzione. Noicàttaro possiede tante potenzialità che però necessitano di essere messe in rete per diventare sistema. Bisogna cioè non rimanere isolati. L’esperienza maturata in questi sette anni, nelle precedenti edizioni della festa del raccolto, attesta un crescendo di sensibilità verso la dimensione culturale ma nello stesso tempo chiede che si impari a fare assieme. Nel 2017/18 si iniziò ad organizzare la festa con il racconto della profezia utilizzando vari linguaggi: la rappresentazione teatrale, la creazione video di un cortometraggio narrativo, poi anche l’allestimento di  mostre fotografiche sulle guerre e sui tanti giovani che persero la loro vita combattendo per la patria, lo sviluppo urbanistico della città con il boom economico, la storia dell’agricoltura locale. Tanti capitoli interessanti per dire di cosa è ricco il territorio nojano. Le precedenti manifestazioni hanno contribuito ad alzare l’asticella dell’interesse verso questi importanti pezzi di storia che hanno cambiato l’aspetto socioculturale della città, ma la strada da percorrere è ancora lunga. Inoltre va anche detto che il sopraggiungere della pandemia, causata dal contagio Covid, ha rallentato il passo che inizialmente sembrava spedito, ma nonostante tutto si è continuato a tenere accesi i riflettori su questo percorso di animazione culturale. Questo è il ricordo che porto con me contestualmente alla consapevolezza che bisogna sempre di più collaborare e imparare a mettere insieme le molteplici competenze valorizzando soprattutto quelli che sembrerebbero avere un ruolo secondario. La profezia della pace infatti dice che proprio ad una donna, nella sua povertà, fu affidata la promessa di un futuro di abbondanza per tutti.”

 

Quindi il ruolo delle donne è stato molto importante, soprattutto nel dopoguerra nel portare avanti la vita cittadina?

“Certo e questo non deve essere dimenticato! La storia della città vede infatti proprio la figura della donna ed il suo ruolo decisivo per la ricostruzione della città. Questa profezia ci parla di due donne. La prima è Maria Ungaro, una povera lavandaia con un figlio malato, si può dire l’ultima della società dell’epoca, lei assume un ruolo esemplare che vede la donna  artefice del riscatto per una comunità che non si è arresa di fronte allo sfacelo provocato dalla guerra. Gli uomini ancora giovani dovettero partire e andare al fronte per combattere una guerra dalla quale non avrebbero più fatto ritorno. Le donne invece rimasero in paese e su di loro ricadde poi il non facile compito della ricostruzione. L’altra donna è Maria di Nazareth in quanto ebbe lo stesso compito dopo la morte del figlio messo in croce di ricostruire la comunità disgregata dal tradimento e dall’abbandono. Direi che entrambe, queste due Marie, attestano il ruolo prezioso della donna. Un ruolo che resta determinante anche per l’economia nojana di oggi basti pensare al lavoro agricolo dei tendoni dell’uva dove la donna è tra le principali protagoniste.” 

 

 

Alla luce di questa intervista, si può apprendere quanto questa festa sia estremamente rilevante per l’aspetto culturale di promozione di uno sviluppo sostenibile del nostro territorio. Cultura ed economia sono evidentemente inscindibili per il futuro lavorativo di molte aziende agricole che nel portare sulla tavola i frutti del loro raccolto, sono chiamate a portare anche una storia che rende quel raccolto unico e prezioso perché non producibile in nessun’altra parte del mondo.