La Promessa della pace
La preghiera di una lavandaia e la risposta di Maria Vergine.
Il progetto e l’iniziativa edificativa della Chiesa della Madonna del Rito, sita a soli 3 kilometri di distanza dal centro abitato di Noicàttaro, affondano le proprie motivazioni in un terreno fecondato da devozione e speranza.
Il racconto – a tratti mitico – che ci viene tramandato dai venerandi si colloca durante la Grande Guerra e vede come protagoniste due donne, due madri: una lavandaia di origine cellamarese e Maria di Nazareth.
Maria Ungaro era il suo nome. Sposa precoce del nojano Stefano Lonigro, si era trasferita dal suo paese natale nella cittadina di Noicattaro, dove aveva intrapreso l’attività di lavandaia; il Signore le aveva colorato l’esistenza con un dono grande: un figlio, Domenico, che, sebbene fosse nato con gravi problemi di salute, era la gioia di sua madre.
Tuttavia, le condizioni in cui versava la famiglia di Maria non erano delle più rosee: l’incombenza della Guerra – che travolse l’intero territorio nojano, che presto incominciò a tristemente contare i suoi caduti – e la malattia del figlio non facevano che gravare sulla già notevolmente precaria situazione economica dei Lonigro, nonostante tutte le fatiche lavorative e i sacrifici dei due coniugi. Maria, però, riponeva tutte le proprie preoccupazioni, le ansie ed, in particolare, le speranze nelle mani della Madre delle madri: tutte le notti pregava prima di addormentarsi, stringeva spiritualmente le dolci mani della Madonna e la invocava, chiedendole aiuto. Si racconta che, durante una sua veglia d’intensa preghiera, Maria ricevette una visione dalla Vergine, che le chiedeva di recarsi sulla “via della Marina” con una preciso mandato: doveva rivolgere le proprie orazioni all’icona della Madonna del Rito, situata nell’omonima cappella, un tempo molto venerata, ma ormai esclusa dalla devozione nojana. Dunque, carica di sgomento e fede, Maria intraprese il suo notturno e interminabile pellegrinaggio nelle campagne nojane; una volta giunta al luogo indicato, dovette farsi strada tra i rovi e le sterpaglie per riuscire ad entrare nella piccola cappella, dove, a causa del buio della notte, non riusciva ad intravedere l’immagine di Maria alla quale prostrarsi. Allora un grido si levò dal suo cuore: “Vergine Santa, prendimi presto, con il povero figlio mio balengo, sotto il tuo manto”.
Silenzio.
Ad un certo punto, come un sibilo, il vento rispose: “Vieni Maria, sono qui!”. La lavandaia raccolse in un impeto tutte le sue gracili forze e continuò a farsi strada tra le erbacce. Dopo poco, eccola lì. La tanto desiderata immagine di Maria, piccola ed eterna, in mezzo a quei rovi. Tra le lacrime della donna, il vento soffiò ancora: “Non temere, verrò a prenderti. Sarà di Sabato e subito chiamerò in Paradiso anche Domenico, il tuo figliolo. Devi dire al popolo nojano che deve pregare, deve pregare molto, perché per mia intercessione finisca a breve la tragedia della guerra”. Da donna a donna, da madre a madre, la Vergine fece a Maria Ungaro una promessa di pace. Una pace personale, una promessa di riposo, e una pace collettiva, una promessa di fine delle tribolazioni causate dalla guerra.
Infatti, come già detto pocanzi, il territorio di Noja non fu esentato dai drammi della Prima guerra mondiale: da un calcolo postumo, sappiamo che furono 142 i nojani morti durante quel conflitto. Uomini che, da un giorno ad un altro, videro sconvolte le proprie semplici esistenze, inviati a combattere contro un nemico sconosciuto: erano muratori, pescatori, contadini, calzolai, medici e studenti, di cui conosciamo – almeno per la maggior parte – i nominativi, che è nostro dovere, non solo in quanto esseri umani, ma anche in quanto concittadini, ricordare nel tempo.
Ritornando alla storia di Maria Ungaro, la notizia della visione e della profezia si diffuse a macchia d’olio nel centro di Noicattaro e nei paesi limitrofi: sempre più numerosi furono i fedeli che si recavano presso la cappella del Rito per rivolgere a Lei le proprie speranze di pace, personale e collettiva. La profezia di Maria, incredibilmente, si trasformò in solida realtà quando il 13 gennaio 1917 – proprio un sabato! – Maria Ungaro morì, seguita (nel 1918) dal figlio Domenico, ancora una volta di sabato, esattamente come le era stato annunciato dalla Vergine. Allo stesso modo, la Grande Guerra terminò quello stesso anno.
Si trattò di una divina concessione miracolosa o di semplici circostanze coincidenziali? Chissà.
Ciò che è certo è che il culto della Madonna del Rito, in seguito a questo episodio, si consolidò notevolmente: la quantità di fedeli che si recava nella piccola cappella ad affidare le proprie tribolazioni alla Vergine era costantemente in forte incremento, come da testimonianza degli ex-voto dell’epoca.
La più che notevole affluenza di pellegrini – si trattava di un vero e proprio “pellegrinaggio” dei devoti, considerando che la cappella era collocata parecchio esternamente al centro abitato, che, all’epoca si estendeva su un’area assai più ristretta rispetto all’odierna – spinse la legittima proprietaria della “Chiesetta” a donarla nel 1919 all’Arcivescovo di Bari Monsignor Giulio Vaccaro, con la promessa di edificazione di una Chiesa nuova e più capiente. Alcuni anni dopo, nel 1926, il progetto fu finalmente terminato e l’edificio potette essere destinato al culto.
La vicenda di Maria Ungaro è un chiaro exemplum di fede incondizionata: possiamo solo immaginare cosa dev’essere significato inoltrarsi nel buio e nel freddo della notte, da sola, inseguendo una cieca promessa e attesa. Eppure, la lavandaia cellamarese credeva. Credeva e sperava. A prescindere dalla veridicità dell’atto miracolare, la figura della “veggente” e la promessa della Madonna hanno portato un’intera comunità (e dintorni!) a riunirsi insieme in preghiera, a ritrovarsi interamente nel riporre la propria fiducia, i propri timori e desideri più intimi nel volto della Vergine, testimoniando come – a volte – farsi vicino l’uno all’altro sia la forza più grande che esista.