LA DEVOZIONE OLTRE LA RITUALITÀ – INTERVISTA A PADRE GIUSEPPE DE STEFANO.

Siamo con padre Giuseppe De Stefano, della Provincia Italiana di San Giuseppe da Copertino dei frati minori conventuali (Puglia, Molise e Abruzzo) e Fondatore della Comunità Frontiera di Mola di Bari, un’esperienza di vita comunitaria fondata sul Vangelo nello spirito di San Francesco di Assisi e nel carisma dell’Ordine francescano.
La Comunità Frontiera ha realizzato la Città dei Ragazzi e tutt’ora sta continuando a realizzare altre opere al suo interno; si occupa di prevenzione al disagio e alla devianza minorile e giovanile attraverso l’accoglienza residenziale in case-famiglia e diurna. All’interno della Comunità Frontiera lo Spirito ha ispirato la Fraternità Francescana Secolare del Risorto, composta da consacrati secolari (laici consacrati) che dedicano la loro vita ai minori e ragazzi in difficoltà.
Quest’anno a padre Giuseppe è stato chiesto di guidare spiritualmente il cammino quaresimale dell’Associazione delle Spose e Madri Cristiane e quella degli Sposi e Padri Cristiani, associazioni della nostra Comunità Parrocchiale che, attraverso la devozione alla Vergine Addolorata, esprimono il loro servizio alla comunità e alla famiglia, basato sulla scelta di formarsi cristianamente per essere buoni sposi e genitori cristiani.
Padre Giuseppe, nel ringraziarti per la predicazione quaresimale di quest’anno e per le riflessioni che ci donerai durante la processione notturna dell’Addolorata veniamo a porti alcune domande sull’impegno al servizio educativo di una comunità generativa.
A partire dalla tua esperienza e dal tuo impegno in ambito educativo quali suggerimenti ti senti di darci?
Personalmente credo e vivo alcuni verbi:
STARE dove sono i ragazzi e uscire dallo schema che “devono venire” in Chiesa. Gesù STAVA tra coloro che per diversi motivi non erano accolti nel tempio. Allora c’erano alcuni motivi, oggi ce ne sono altri. Ma Gesù insegna a STARE fuori del Tempio e a incontrare lì quanti si sono fatti una idea o una immagine errata di Dio, di Cristo e della Comunità Cristiana. Lo STARE avvia il processo della fraternità che conduce all’incontro con Dio e la Comunità.
Un esempio per tutti, l’incontro con la Samaritana al pozzo. Gesù STETTE lì ad aspettarla e ruppe tutti i codici socio religiosi e morali del tempo: parlò con una samaritana, lui che era giudeo, parlò con una donna e a quel tempo era proibito, dialogò con lei delle condizioni del suo cuore, la portò ad incontrare la verità di se stessa, non la giudicò. Le promise una vita bella e migliore, la entusiasmò tanto che ella stessa da straniera divenne apostola, andando a chiamare altri perché andassero da Gesù.
Un paradigma che può diventare modello di vita.
ASCOLTARE il grido di solitudine, di smarrimento, di paura, di disagio che viene espresso con quelle forme o immature o aggressive o impulsive o implosive e che spesso giudichiamo come “non normali”.
Ascoltare non solo quello che dicono, come lo dicono, ma ascoltare i loro comportamenti che dicono molto del loro stato interiore, ascoltare i loro silenzi e le loro distrazioni, ascoltare la loro voglia di evadere dalla realtà per rifugiarsi nei virtualismi che uccidono il sistema vitale delle relazioni. E chi non è capace di relazione farà fatica a mettersi in relazione anche con Dio!
CONDIVIDERE senza farsi giudici, caricandosi delle loro angosce inespresse, facendo emergere tutta la loro sensibilità e bellezza interiore che proprio per il fatto di vivere in modalità virtuale, nemmeno conoscono e non sanno di essere ricchi di emozioni belle, di sensibilità superlative, di attenzioni ammirevoli. Ed il bello interiore non conosciuto, si trasforma in un mostriciattolo che non accetto e che mi fa generare maschere!
Mettiamo insieme virtualità e maschere ci ritroviamo dinanzi a ragazzi e ragazze in fuga dalla parte più bella di se stessi, che è l’affettività. Ma tale ricchezza se non accompagnata e condivisa in modo maturo con gli adulti di riferimento, esplode nelle forme sbagliate e genera disastri invece di generare vita.
ACCOGLIERE come sono e non come voglio io! Gesù accolse la Samaritana come era e la portò a scoprirsi bella e nuova dentro, nonostante i suoi errori passati. Gesù la accolse così com’era e da quel punto in poi, accogliendola, la portò a scoprire una novità di vita dentro, in quella interiorità che lei aveva sperperato, in quella affettività che lei aveva solo consumato.
La accompagna tramite la scoperta della sua affettività problematica a scoprire di essere capace di amare ed essere amata.
PAZIENTARE con mitezza, umiltà, senza aver fretta e mettere fretta di vedere “risultati”. Lasciare che il Signore plasmi e lavori nel cuore dei ragazzi attraverso l’ascolto, la condivisione, l’accoglienza di singoli o di comunità adulte, capaci di far sentire la nostalgia e il desiderio di una vita bella, capaci di essere modelli attraenti di gioia, vita piena, che suscita la domanda: perché sei così gioioso? Perché sei cosi paziente? Perché hai tanto tempo per ascoltarmi? E solo in quel momento che si sono generate tali domande, annunciare che nella propria vita c è Gesù, via, verità, vita, che mi ha dato luce per essere luce, che mi ha dato sapore per essere sale e dare sapore agli altri.
Secondo te la spiritualità generata dalle devozioni e dalla religiosità popolare può ancora orientare ad un impegno sociale di attenzione agli ultimi? In che modo?
Specificherei “Spiritualità Cristiana” che pone fondamento e chiarezza di vita spirituale radicata in Gesù Cristo, nella Sua Parola, nel nutrimento dei sacramenti che Egli ci ha lasciato e che la Chiesa custodisce e dona, nella vita comunitaria che è Corpo di Cristo attraverso cui Cristo vive nella storia e viene annunciato e testimoniato.
Pertanto, le devozioni e la religiosità popolare sono un dono prezioso che la storia dei nostri padri e madri nella fede hanno generato nella loro comunità cristiana di allora e che ci hanno consegnato come patrimonio di fede, appunto per essere una porta privilegiata attraverso cui entrare per radicarci in Cristo.
Dobbiamo confessare con umiltà e verità che questo potrebbe anche non accadere e che le devozioni e la religiosità popolare si potrebbero limitare a quella espressione specifica di devozione, che rimane sempre una bella e buona esperienza, ma potrebbe non portare a Gesù, quindi ad una spiritualità cristiana intesa come sopra descritto: radicati in Gesù, nella Sua Parola, nei sacramenti e nella comunità cristiana.
Quando le devozioni e la religiosità popolare, quindi, generano un rapporto con Gesù il Salvatore e una matura spiritualità cristiana aprono ad un impegno sociale, perché Cristo Gesù non trattiene, ma invia a sanare le ferite interiori ed esteriori, che la comunità cristiana ha riassunto nelle opere di misericordia spirituali e corporali.
Conoscendo anche la tua sensibilità verso i temi della legalità e della giustizia ti chiedo quali attenzioni, secondo te, è importante tenere per evitare che le celebrazioni di questi riti, che comunque rappresentano un patrimonio culturale per la storia del nostro territorio, degenerino in ostentazioni di potere tipiche di determinati contesti sociali?
Gesù un giorno disse chiaramente “i figli delle tenebre sono più scaltri del figli della luce” e ai dottori del tempio li ammonì riguardo l’apparenza dei loro abiti e delle loro liturgie religiosi e sociali, così come dall’ipocrisia dei riti distaccati dalla vita.
Le ostentazioni di potere, purtroppo, possono trovarsi in ogni ambiente.
Il venerabile don Tonino Bello ci invita a “deporre i segni del potere per far nostri il potere dei segni”.
È quanto deve fare, con rigore e responsabilità, la Comunità cristiana innanzitutto al suo interno!
Una volta che la comunità cristiana ha compiuto ad intra tale purificazione e conversione, sarà capace ed autorevole a purificare tale patrimonio di fede e di spiritualità anche da “inquinamenti di altri poteri” che possono insinuarsi dall’esterno nelle nostre sane e sante tradizioni religiose.
Credo che una purificazione e conversione interna dai quei piccoli “poteri” che sembrano innocui, ma non lo sono (appannaggio delle feste a qualcuno o qualche gruppo, non coinvolgimento “sinodale” della comunità, legami a persone o sistemi che “governano” le tradizioni e non le condividono con la comunità cristiana,ecc…), sia il primo passo, se non il fondamentale, che permette di evitare di prestare il fianco ad altri poteri, che in taluni casi hanno segnato tristemente la storia della religiosità popolare ( inchini, passerelle in processioni, ecc.).
Conversione ad intra con una buona dose di prudenza e libertà nel gestire quanto necessità all’organizzazione esterna dei nostri riti, in termini civili ed amministrativi, perché la loro finalità è solo ed esclusivamente quella di offrire un’autentica testimonianza di fede in Gesù Cristo, il Figlio di Dio Salvatore del mondo e di una matura e viva spiritualità della comunità cristiana